domenica 19 luglio 2020

Un'interessante segnalazione del referente in Portogallo Miguel Almeida


Il premier portoghese Antonio Costa va giù duro contro l’Olanda



Lisbona, 18/07/2020

di Miguel Almeida

Antonio Costa, il premier del Portogallo, senza arrovellarsi in discorsi complicati da interpretare o che mirino a secondi scopi richiede un esplicito chiarimento  all'Unione Europea. Lo fa enunciando una semplice ma inequivocabile domanda ai Paesi Bassi, chiedendo loro di prendere una decisione, ovvero "se restare o andarsene". Ancor prima che voler sottolineare  una “question”  finanziaria e di natura economica, punta ad una questione politica.
Nell’intervista che ha concesso all’agenzia portoghese “Lusa” ha detto che urge sapere  se si può passare a 27 nell'Unione Europea, a 19 nella zona euro o se c'è chi preferisce restare fuori. Esplicitando di riferirsi ai Paesi Bassi.
Il primo ministro Costa ha chiarito che è giunto il momento in Europa d’esser chiari. E che tutti dimostrino qualità politiche onde evitare di diventare tutti ostaggi di populismi elettorali. 
Miguel Almeida

venerdì 3 luglio 2020

Un'acuta riflessione sull'influenza della pubblicità del nostro iscritto Giovanni Cutolo, italiano con residenza a Barcellona.

Barcellona, 03/07/2020

di Giovanni Cutolo

MANIPOLAZIONE E/E’ PUBBLICITA’

La pubblicità, che abitualmente dispone di una cospicua parte del capitale fisso immateriale di ogni industria di produzione, da molto tempo ormai “funziona come un mezzo per produrre i consumatori. In altri termini, funziona per produrre desideri, voglie, immagini di sé e stili di vita che, fatti propri e interiorizzati dagli individui, li trasformeranno in quella nuova specie di acquirenti che non hanno bisogno di quel che desiderano e non desiderano ciò di cui hanno bisogno”. (André Gorz, L’Immateriale – Conoscenza, valore e capitale, Bollati Boringhieri, 2003)
La trasformazione della “propaganda” in “pubblicità” si deve a Edward Louis Bernays (1891-1995), statunitense di origine austriaca, celebre fra l’altro per la sua parentela con Sigmund Freud, fu uno dei primi a utililizzare metodi derivati dalla “psicologia del subconscio” al fine di manipolare l'opinione pubblica. A lui si devono le locuzioni "mente collettiva" e "fabbrica del consenso". Bernays è comunemente considerato uno dei padri delle moderne “relazioni pubbliche”, delle quali ha teorizzato le principali regole fondanti in un libro pubblicato negli USA nel 1928. (vedi: Edward L. Bernays, Propaganda, Lupetti editore, 2008)
Acclamato inventore della “ingegneria del consenso” Bernays ha teorizzato e poi spiegato che, se i bisogni delle persone sono “limitati per natura”, i loro desideri sono invece “illimitati per essenza”. Per farli crescere basta sbarazzarsi dell’idea, sbagliata, che gli acquisti degli individui debbano corrispondere a bisogni pratici e a considerazioni razionali. Occorre quindi fare appello alle spinte inconsce, alle motivazioni irrazionali, ai fantasmi e ai desideri inconfessati e rimossi. Evidente qui l’influenza dello zio famoso è manifesta. Verrebbe da dire che buon sangue non mente! Ma sarebbe un ingiustificato e immeritato vulnus alla ben differentemente qualità etica del pensiero freudiano. Secondo Bernays invece di rivolgersi al senso pratico degli acquirenti, come si limitava a fare la propaganda dei bisogni, per sviluppare i desideri occorreva fare ricorso alla pubblicità e alle public relations, formulando messaggi capaci di trasformare anche i prodotti più banali in vettori di senso simbolico. Bisognava fare appello alle emozioni irrazionali, con l’obiettivo di creare il consumatore-tipo, un consumatore convinto di trovare nel consumo un mezzo per esprimere sè stesso. In effetti, un consumatore vittima di una sedicente “cultura del consumo”, una cultura volgare, veicolata surrettiziamente mediante il messaggio (sic!) pubblicitario. Un messaggio rivolto al consumatore potenziale affinché esprima il “suo io più intimo”, come suggeriva una pubblicità degli anni venti del secolo scorso sollecitando la gente a dare libero sfogo a quello che avevano di unico e di più prezioso, ma che restava nascosto.
I mandanti del progetto condotto a buon fine da Bernays furono comprovatamente i capi delle corporations americane, i quali intendevano trasformare il modo in cui la maggior parte degli americani pensava ai prodotti. Uno dei banchieri più in vista di Wall Street, Paul Mazur della Lehman Brothers, non lascia dubbi di sorta esprimendo con estrema chiarezza cosa fosse necessario fare per dilatare i consumi al fine di sostenere i livelli della produzione industriale.  “Dobbiamo cambiare l'America da cultura dei bisogni a cultura dei desideri. (…) Bisogna insegnare alla gente a volere cose nuove, anche prima che le cose vecchie siano state consumate del tutto. Dobbiamo formare una nuova mentalità in America. Occorre che i desideri dell'uomo mettano in ombra le sue necessità".
(NorbertHäring, Niall Douglas, Economists and the Powerful: ConvenientTheories, DistortedFacts, AmpleRewards, London, Anthem Press, 2012)
Va ricordato che, fino a quel momento, il consumatore americano non esisteva. Esistevano il lavoratore americano e il proprietario americano e questi producevano,  risparmiavano e consumavano ciò che era necessario. Solamente i ricchi acquistavano beni di cui non avevano bisogno. Mazur – il grande banchiere visionario - immaginò di rompere con tutto questo, proponendo di creare un mondo in cui non si compravano le cose che servivano, delle quali si aveva bisogno, ma quelle che si desideravano. L'uomo che, al servizio delle corporations americane, sarebbe stato l’artefice di questo cambio di mentalità fu appunto Edward Bernays. Egli fu sicuramente l'uomo che più di ogni altro seppe, rielaborando le riflessioni dello zio Sigmund, mettere in pratica le teorie psicologiche essenziali per consentire alle corporations di affascinare e manipolare le masse, quelle americane prima e quelle del resto del mondo poi.
Merita una ultima riflessione il fatto che Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich hitleriano, abbia confessato a un giornalista americano che, tra le cose che lo avevano ispirato, c'erano anche gli scritti del nipote di Freud, Edward Bernays.

Giovanni Cutolo