giovedì 12 dicembre 2019

Un articolo sul voto inglese del ns referente Thomas Baker



Gran Bretagna : l’importanza d’un voto!

di Thomas Baker

Londra,12/12/2019

Oggi, 12 Dicembre 2019, un voto decisamente significativo si tiene in Inghilterra!
Il tutto può sintetizzarsi in uno scontro tra il conservatore Jonshon che si batte per la Brexit, l’uscita dalla UE, e il partito laburista guidato da Corbyn. Il primo attraverso una politica xenofoba e con il taglio dei servizi e della spesa sociale, perseguendo l’iter avviato da Cameron e Theresa May teso alla privatizzazione selvaggia dei profitti, al confronto con Corbyn che si batte per una forte manovra economica per porre fino all’austerità e l’applicazione di regole democratiche sul lavoro.
Come in Italia per la Lega anche in Gran Bretagna una classe operaia degradata e portata a livelli prossimi alla miseria ha, per reazione, dato sostegno e consenso alle posizioni nazionaliste pro Brexit. Il tutto come nei tristi anni del fascismo che richiederebbe una memoria e rivisitazione delle riflessioni di Gramsci.
Ciò nonostante nuove aree di consenso alle posizioni progressiste crescono anche per la forte crescita di registrazioni al voto che è calcolata intorno ai 3 milioni e mezzo, identificabile in una elevata quantità di giovani e minoranze di colore, presumibilmente più vicine all’ipotesi Corbyn.
Al momento il fronte conservatore è dato in vantaggio ma esistono margini di possibili diverse soluzioni, anche perché in un parlamento senza maggioranza le difficoltà a creare alleanze sono maggiori per i conservatori.
Attendiamo gli eventi….

Thomas Baker

venerdì 22 novembre 2019

Corporate Social Responsability...di Vincenzo Caratozzolo

22/11/2019

Un pezzo socio economico del nostro nuovo iscritto di Napoli Vincenzo Caratozzolo




CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY

La crisi che da anni funesta il nostro Paese conferma la irrinunciabile necessità del recupero di un rapporto fra etica ed economia e mostra la fragilità di un modello in cui gli operatori considerano lecito ogni comportamento in coerenza col principio dell’autoregolamentazione del mercato ed in presenza di “regolatori” sempre più deboli e prede dei “regolati”.
Occorre recuperare il concetto di “responsabilità sociale delle imprese” dove il ruolo dell’organismo economico non si limiti a garantire alti profitti all’azionista (pur legittimi essendo i fornitori del capitale) ma si estenda alla tutela degli altrettanto legittimi interessi della collettività. La protezione del lavoratore dell’ambiente, la tutela dei valori meritocratici, il rifiuto di discriminazione di sesso – razza – religione, la protezione della sicurezza delle persone, la condanna di informazione e pubblicità ingannevole, sono elementi essenziali per il recupero della credibilità del sistema. Senza, peraltro, evidenziare le piaghe della evasione fiscale e della corruzione che costituiscono in Italia i più gravi reati ostativi della garanzia di equità distributiva.
La dimensione economica delle attività della imprese non può essere perseguita senza tener conto dei suoi effetti speciali.
Il ”corporate social responsability”, in Inghilterra, ha avito ampia diffusione, peraltro supportato da efficace sistema legislativo; l’impresa, nel definire le proprie strategie ed i propri codici di comportamento, non può ignorare la ricerca di ampio “consenso sociale” e deve rendere compatibili i legittimi interessi dei suoi azionisti con le aspettative dei suoi “stakeholders”.

La breve e non certo esaustiva introduzione prelude a commenti sulla tragedia del ponte Morandi a Genova.
Premesso che i ministri della Repubblica che si sono avvicendati, dalla (non certo trasparente) concessione ad “Atlantia – Autostrade per l’Italia” dei Benetton (circa 3.500 km) all’ultima legislazione, non hanno mai rivelato le gravi inadempienze del concessionario.
L’unico che denunciò il debito di miliardi dei Benetton nei confronti della collettività fu Antonio Di Pietro, nella sua purtroppo breve veste di Ministro dell’Infrastrutture (ne sono testimone perché, all’epoca, ebbi modo con altri amici di seguire la vicenda da vicino). Le autostrade non erano pavimentate con asfalto drenante e già allora apparivano gravi carenze manutentive.
Il rischio di sospensione della concessione era concreto e fu immediatamente posto parziale riparo alle gravi inadempienze denunciate.
L’ineffabile legislatore stabilì, però, che i contratti che regolavano le concessioni autostradali diventassero segreti di Stato; veniva così ristabilito l’ignobile rapporto clientelare tra pubblico e privato in questo delicato settore.
Ma non era possibile secretare anche i bilanci; ne 2017 i bilanci di Atlantia presentavano redditività di oltre i 50 per cento e se entusiasmanti erano i risultati di esercizio non altrettanto poteva dirsi della bassa qualità delle strutture viarie e gli scarsi livelli di manutenzione.
Peraltro i lauti profitti sono quasi esclusivamente alimentati dai ricchi pedaggi il cui aumento viene stabilmente approvato da pubblici organi di vigilanza, espressione di inadeguatezza e sudditanza.
Il potere di controllo pubblico è ormai inesistente!
Basta valutare il trend degli investimenti operativi sulle infrastrutture negli ultimi anni stabilmente in calo in presenza di pedaggi stabilmente in crescita.
Né va ignorato che i favolosi utili realizzati dai Benetton hanno consentito importanti investimenti (ma non in Italia) quali per esempio l’acquisto dell’aeroporto di Nizza, l’acquisizione delle autostrade spagnole e vari altri.
E vien da chiedersi quale ruolo ha recitato l’organo pubblico di controllo in presenza del mercato rispetto agli accordi in convenzione, chi valuta la congruità dei corrispettivi?
Daniele Martini, nel suo libro “Scippo di Stato”, parla del furto delle strade.
E se è questa l’aberrante realtà delle attuali concessioni autostradali perché non valutarne la rinazionalizzazione che garantirebbe miliardi di introiti alla casse pubbliche?

In questo contesto la tragedia del ponte Morandi appare la punta dell’iceberg di un insopportabile degrado totalmente privo anche di larvati riferimenti a quel “codice di moralità mercantile” formulato tanti anni addietro da Adam Smith.

Vincenzo Caratozzolo

mercoledì 23 ottobre 2019

Stati, Regioni e Città....di Giovanni Cutolo

Riflessioni politiche/geografiche europee del nostro iscritto Giovanni Cutolo :


STATI, REGIONI E CITTA’

La civiltà ha la sua origine nelle città del Mediterraneo, tremila anni fa. Atene, Sparta e Corinto esistevano prima della Grecia, Alessandria, Tebe e Il Cairo prima dell’Egitto, Roma, Napoli e Siracusa prima dell’Italia. In effetti, l’idea di Nazione si afferma in Europa duecento anni fa. Quando grazie al crollo dell’Impero Austro-Ungarico, nascono l’Italia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Serbia, la Croazia, la Slovacchia e molte altre nazioni ancora.
Ha ragione il sindaco di Napoli Luigi De Magistris quando dice che bisognerebbe rivedere il ruolo dello Stato-Nazione e ripensare quello delle Città-Stato.
Oltre il 50% della popolazione mondiale vive nelle città e si stima che nel 2030 questa percentuale potrebbe superare il 70%. Appare molto probabile che le nuove città, le smart-city,più vicine alle esigenze dei cittadini, potrebbero attendere meglio delle nazioni ai loro bisogni.Come documenta il filosofo tedesco Peter Sloterdijk, le nazioni sono ormai divenute dei mostri organizzati fondamentalmente per presiedere al prelievo fiscale.Lo Stato-Nazione considera i contribuenti come sudditi e non come cittadini, trattandoli come soggetti lontani e passivi, da spremere in nome del cosiddetto bene pubblico nazionale. Inoltre, lo Stato-Nazione agisce politicamente riducendo e lesinando i mezzi finanziari delle città e dei comuni anche i più piccoli.
Gli Stati-Nazione hanno sostituito i confini regionali, vecchi di secoli, con confini politici che ancora oggi, dopo secoli, sono percepibili come innaturali. Quelli nazionali sono confini imposti con la forza delle armi o per la convenienza e per la connivenza esistente tra le grandi famiglie regnanti, a detrimento delle autonomie di regioni e città.
*
Viaggiando da Barcelona verso il Nord,dopo meno di duecento kilometri, si esce dalla Catalunya spagnolae si entra, attraversando una frontiera oramai invisibile, nella Catalunya francese.Quest’assurda divisione risale al 1659 quando la Spagna cedette alla Francia i suoiterritori di lingua catalana a nord dei Pirenei. Continuando il viaggio in direzione dell’Italia si attraversa la Languedoc, la regione francese dove si parla la lingua d’Oc, poi la Provenza per arrivarein Liguria. Lungo tutto questo tragitto di circa mille kilometri, i costumi, il paesaggio, la cucina, i volti, la storia e la lingua sono uguali o molto simili.Tutto il viaggio si svolge all’interno di uno spazio ad alta omogeneità, un territorio assai omogeneo che ha resistito alla politica delle nazioni, adattandosi ma rimanendo nel fondo fedele a se stesso. Si tratta di un territorio – un consistente pezzo di mediterraneo - che è rimasto attraverso i secoli fedele alle sue matrici. In tutto il Sud della Francia si parla la lingua d’Oc che è assai simile al catalano e che si ritrova a Nizza, in Liguria e più su,risalendo fino ad alcune valli del Piemonte; la bandiera catalana a strisce gialle e rosse si ritrova costantemente fino a Nizza e in alcune località liguri; la cucina è molto simile per ingredienti e ricette. Alle spalle di Nizza,fondata dal catalanissimo Conte Raimondo Berenguer IV – francesizzato in Bérenger - si trova Barcelonnette, piccola città che reca i colori della Catalogna sul suo stemma,colori che si ritrovano anche nello stemma di Nizza e di numerose altre località della Languedoc, della Provenza e della Liguria.
Insomma la netta impressione che si ricava da questo viaggio è chesi attraversi un’unica “Regione” rimasta assai omogenea, certamente più omogenea di quanto non lo siano i tre “Stati” attraversati. E ciò conferma l’opportunità di una revisione politica e costituzionale in Italia, ma anche in Spagna e in Francia,dei rapporti istituzionali esistenti attualmente fra Stato da un lato e Regioni e Città dall’altro.

Giovanni Cutolo

21 ottobre 2019

giovedì 10 ottobre 2019

Riflessioni politiche di Bruno Pappalardo

Riflessioni politiche del nostro iscritto di Napoli/Italia Bruno Pappalardo :



NOI COMUNISTI, CLANDESTINI DELLA DEMOCRAZIA

Bruno Pappalardo . 10.09.2019

E’ dell’altro ieri la notizia di Donald Trump di aver ritirato ( e di voler continuare) parte dell’esercito americano dal confine siriano. Questo significherebbe abbandonare gli alleati curdi al loro destino che i turchi vedono come veri terroristi!

Tragica strategia!
Abbandonando gli alleati, non ci sarà più argine contro la jihad islamica e ricompariranno gli uomini neri dell’Isis. Significherà ripresa del terrorismo tagliagole che produrranno centinaia di migliaia di morti e di destabilizzante terrore in Europa.

Parrebbe identica mossa di Stalin che, secondo la “ risoluzione della UE che pone sullo stesso piano l dittatura nazista con quella comunista

Afferma infatti che il “Patto Molotov-Ribbentrop “ tra Unione Sovietica e Germania, ovverosia l’accordo tra Stalin e Hitler di “non aggressione reciproca”, avrebbe determinato l’abbandono dei paesi dell’occidente, principalmente Francia e Gran Bretagna, alla mercé del famelico esercito tedesco.

Non è la prima volta di Trump, non è neppure la prima volta degli Stati Uniti d’America. E’ successo tanta volte a tante altre nazione e al proprio leader contro quell’altra e il proprio leader. Questa è la STORIA!

La Storia è come la Scienza, una ricerca continua per cogliere, volta per volta, un risultato, un significato a cui dare una risposta politica alla contemporaneità. La Storia, quindi, non ha certezze ma solo valutazioni.

Non servono affatto le “ lectio historia” perché sappiamo ch’esse non hanno alunni.

Puntualmente si ripetono gli errori passati, però, certo affiorano anche i valori etici e umani per la crudeltà delle guerre e dagli eccidi.  

Quando si raggiunge una “asserto storico”, una “ verità”, ebbene, è il momento per rimettere tutto in discussione con una nuova inchiesta e semmai avviarsi per una “revisione”.     

Dunque, la RISOLUZIONE UE è una vera stupidaggine!

Nel testo della “ risoluzione della UE” infatti, “NON” si parla di quali valori nacquero dall’intervento decisivo della ex Unione Sovietica contro i nazisti di Hitler e la liberazione degli ebrei nei lager tedeschi e neppure di tutti gli uomini e donne che lottarono per la libertà, parità e democrazia contro lo spregio dell’umanità.

SI parla della violenza verso il nostro prossimo: torture, anche nelle detenzioni, prevaricazioni, carcerazioni, milioni di morti, sia di militari che di civili per fame e bombardamenti e/o malati o per povertà generatasi.

Perché non aggiungere al NAZISMO e al COMUNISMO anche L’IMPERIALISMO AMERICANO che in Europa ha pilotato, gestito, manipolato le politiche di tutte le nazioni dell’unione? Durante la lotta al terrorismo in Europa ci sono stati carceri americani segreti e destinati esclusivamente alle torture. Nel 2017, Trump dichiarò che la “tortura funziona e fa bene”!

Una stupidaggine dunque, …vorrei dire alla docente dell’università la “Sapienza”, Anna Foa che racconta di fatti e non valori.

Quando fa cenno al patto Molotov-Ribbentrop, (quindi un fatto) stipulato a Mosca il 23 agosto 1939 fra la Germania nazista e l'Unione Sovietica, dimentica di dire ( ma forse non lo sa) che la Francia e la Gran Bretagna, …perfino la Finlandia, temendo più la Grande Russia della rivoluzione del ‘18 che, piuttosto che la Germania, non vollero allearsi con Stalin. La Russia (ex URSS) provò in tutti i modi. Nel Marzo dello stesso anno l’URSS, ( Stalin) con dispacci, telegrammi, documenti diplomatici, chiedeva all’occidente di allearsi con essa. Dissero di no, lasciatolo solo. Temendo per la vita del proprio popolo, allora negoziò l’intesa!

E’ la Storia di una Europa banchiera, capitalista e dunque ricca e dunque destrorsa. Cerca ora, essendo la Sinistra numericamente superiore, di rintracciare un equilibrio di forze tra potenze.

Ecco la volontà di tagliare e buttare via, col sostantivo “comunismo” milioni di persone che si troverebbero ad essere, non più liberatori e difensori delle libertà, ma sgraditi clandestini dei moti progressisti e pronti per la difesa dei deboli.     

Come non sapere che la Storia è solo l’interpretazione di chi detiene un potere? Di chi è, o chi è stato “vincitore” e detiene, ieri come oggi, il Potere Economico”? Non sapere che la Storia è mutevole e i valori contemporanei variabili ma capaci di modificare la Costituzione di ogni Paese come è successo per il titolo V in Italia compromettendo la sua unità? Come non sapere che i Gulag erano zaristi e che carceravano gli oppositori dell’impero?. Furono distrutti nel ’18 dalla rivoluzione ma riaperti nel ’30. Come non sapere che nel periodo successivo alla guerra, la percentuale dei morti, nei Gulag, sul totale dei detenuti è equivalente ai morti di oggi nelle galere italiane? E’ dall’Europa che partono dal giornalismo pagato, colpi di scure per abbattere il valore delle libertà e coloro che la difendevano: il comunismo! 

Napoli,10/10/2019

Bruno Pappalardo  

mercoledì 9 ottobre 2019

Vince la Sinistra in Portogallo



Un articolo del ns referente portoghese Miguel Almeida :

Lisbona,08/10/2019

Portogallo : i risultati delle elezioni



Ha vinto come previsto Antonio Costa, leader del Partito Socialista ed ex primo ministro. Il suo partito è la forza politica di sinistra più forte del paese.
Il suo partito ha ottenuto il 36,7 per cento dei voti ( in pratica 95 seggi su 230) seguiti dal Psd, mentre il partito socialdemocratico di centrodestra, al 28,1 per cento (70 seggi).
Terzo il Blocco di sinistra con il 9,6 per cento dei voti (16 seggi), con a ruota la coalizione di sinistra al 6,3 per cento (9 seggi), i popolari di destra al 4,2 per cento (4 deputati) e gli ambientalisti di Pan al 3,3 per cento (2 seggi).
Il Partito Socialista  vince le elezioni in Portogallo, pur se non raggiunge la maggioranza assoluta in Parlamento.
Costa avvierà subito però colloqui con le altre forze di Sinistra per governare per i prossimi quattro anni.
 E mentre in Europa la Sinistra fa fatica ad affermarsi invece in Portogallo ribadisce la sua presenza significativa e vede premiato il suo procedere e modo di governare.
L’augurio è che sia d’esempio per le altre sinistre europee.

Lisbona, 08/10/2019

Miguel Almeida

martedì 24 settembre 2019

Comunicato dell'A.N.P.I.


Riportiamo sacrosanto comunicato dell'A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) segnalatoci dal nostro iscritto di Napoli Andrea Balìa :


"Esprimiamo preoccupazione per la risoluzione del Parlamento Europeo che equipara nazifascismo e comunismo"

22 Settembre 2019

domenica 15 settembre 2019

Un articolo sportivo sul campionato di calcio in Italia

Un articolo di riflessioni sportive del nostro iscritto di Lucca Giampiero Torlani...


Riflessioni sul Campionato 2019/2020 di Calcio in Italia

di  Giampiero Torlani

E’ ripreso il Campionato di Calcio in Italia, comunque uno dei più importanti in Europa, assieme alla Premier League inglese e a quello spagnolo..e forse anche al meno avvincente tedesco.
Ma mentre in questi altri si commentano in genere le grandi partite delle squadre più importanti, qualche gran goal o l’exploit d’un calciatore leader, in Italia le domande e le curiosità sono tante e diverse…tipo :

1)    La Juventus è la squadra leader, dopo 8 tornei vinti quest’anno Napoli ed Inter riusciranno ad     insidiarla?
2)   Sarri, nuovo allenatore della Juve, così diverso nel gioco, nello stile, nel come si presenta, anche  napoletano, nei rapporti con la stampa dal clichè Juve e riuscirà nell’impresa di far bene con queste  incognite?
3)      Riuscirà mister Conte a far crescere l’Inter tanto da renderla competitiva per lo scudetto?
4)    Ancelotti, dal curriculum così prestigioso, dopo il primo anno a Napoli saprà portarlo a livelli più   alti?
5)    I promettenti allenatori Giampaolo e Di Francesco (e in parte anche De Zerbi) rimarranno tali,     faranno il salto definitivo di qualità o rientreranno nel limbo?
6)     Le tre neopromosse in serie A, Brescia, Verona e Lecce faranno atto di presenza restando staccate   dalle altre o qualcuna di loro riuscirà a far bene?
7)  Il neo presidente italo/americano e nuovo proprietario della Fiorentina, apparentemente tanto ambizioso, avrà la pazienza d’attendere la crescita della squadra o sarà pronto a sostituire l’allenatore Montella se dovesse risultare deludente nei risultati?
8)   Questo è l’anno di grandi nomi, che in età avanzata e da svincolati sono arrivati nel campionato  italiano come Ribery e Llorente…risulteranno positivi o saranno delusioni?
9)    Con tanti stranieri ci saranno nuovi giovani italiani bravi ad affermarsi e magari a farsi attenzionare  dal Ct della nazionale Mancini?
10)  Il campionato, come ci si augura, sarà interessante, incerto e combattuto per il titolo sino alla fine o sarà tutto delineato da metà torneo o poco più?

Piccole domande, sale e pepe, che condiscono da parte di tifosi, critici, stampa e addetti al lavoro il torneo italiano rendendolo in parte atipico e singolare.

Lucca, 11/09/2019

Giampiero Torlani

domenica 8 settembre 2019

Natura, Cultura e Progetto..di Giovanni Cutolo

Pubblichiamo un pezzo con attenzione al Sud Italia di Giovanni Cutolo, nostro nuovo iscritto italiano ma residente in Spagna vicino Barcellona, cui diamo il benvenuto.



NATURA, CULTURA E PROGETTO

Caratteristica peculiare dell’uomo è l’innata capacità, grazie alla parola e alla scrittura, di vivere nella Storia accumulando conoscenza e pertanto cultura. Questa stessa cultura modella il divenire dell’uomo e finisce per diventare la sua seconda e“più vera” natura. Vivere storicamente, elaborando una sua propria cultura, ha consentito all’uomo quella formidabile capacità di controllo sul tempo e sullo spazio che gli ha consentito quella visione che nessun altro mammifero ha mai raggiungere, a causa del suo assoggettamento ai ritmi dell’istinto. La cultura rende l’uomo padrone del suo destino e protagonista della sua storia. Grazie alla sua capacità di “vivere secondo progetto” l’uomo va modificando l’originario contesto primigenio trasformandolo in contesto culturale, un contesto ben più naturale del caos primordiale, ben più naturale di quel disordine originario che, erroneamente, viene considerato come natura. Arnold Gehlen osserva come, lungo tutto il suo lungo percorso attraverso il tempo, l’uomo abbia preso gradualmente possesso dello spazio e dell’ambiente, nel tentativo di affrancarsi dall’Uroboros ancestrale, acquisendo una sempre maggiore coscienza di sé; lasciandosi alle spalle i miti della preistoria e imparando a costruirsi la sua propria storia mediante il continuo incessante sviluppo della sua propria cultura. Al punto che questa cultura è finalmente divenuta come già detto, la sua seconda natura, quella più autentica e più vera, la sua natura più naturale.
Si pensi, per esempio, alle Langhe piemontesi o alla Baviera tedesca, territori che sono l’eccezionale risultato virtuoso di un progetto paesaggistico realizzato durante secoli. Un progetto fatto da innumerevoli interventi dell’uomo sullo spazio preesistente, un’opera di ingegneria agricola e idraulica che ha ordinato eripartito i filari di vigne alternandoli ai boschi, ha irreggimentato e incanalato i corsi d’acqua, ha disegnato i sentieri e le strade. Le stesse cose si potrebbero dire per le Langhe piemontesi e per tante altre porzioni di territorio, luoghi tutti che, paradossalmente, appaiono assai più “naturali” di quanto non appaia la foresta amazzonica. Certamente più naturali di quello che possiamo immaginare fosse, centinaia di migliaia di anni fa, lo stato originario di quei territori che oggi chiamiamo Langhe e Baviera.
Saper progettare è, prima ancora che una professione, un’attitudine precipua dell’uomo, la caratteristica che lo identifica lo differenzia da tutti gli altri mammiferi. Con buona pace dei miei amici architetti, si può ragionevolmente sostenere che tutti gli uomini sono, sia pure in misura diversa fra loro, capaci di progetto, essendo indotti – anzi, obbligati - a vivere proprio secondo progetto al fine di compensare le strutturali carenze istintuali. Per uscire dal vicolo cieco in cui l’uomo si è infilato e per tentare di risolvere la crisi che stiamo attraversando, non c’è altra scelta che battersi per cambiare le cose partendo dall’elaborazione di un programma politico globale e locale, capace di sfruttare al megliola nostra capacità, grande e unica, di progettare. Oggi più che mai il progetto deve essere lo strumento per costruire il nuovo e, soprattutto,riparare e ricostruire il vecchio.
C’è grande bisogno di progetto anche in Italia dove,sin dall’unità del paese, voluta e realizzata militarmente dall’indebitato Nord piemontese, “contro” il florido Sud delle due sicilie. Diversamente da quanto, da quasi centosessant’anni, si cerca pervicacemente di far credere, non è vero che il Sud rappresenti una palla al piede per lo sviluppo dell’Italia. Al contrario, il Sud potrebbe essere il punto di partenza e il motore per il rilancio dell’intero paese, mettendo in atto un coraggioso progetto politico, nazionale ed europeo. Per conseguire questo risultato occorre, innanzitutto,combattere l’ignoranza investendonella scuola e puntando sull’educazione e sull’istruzione dei giovani e dei meno giovani.

Giovanni Cutolo

SantCebrià de Vallalta, 23 agosto 2019


giovedì 22 agosto 2019

Com'è strutturata la politica in Gran Bretagna

contributo sull'organizzazione politica britannica del ns referente inglese Isla Patel :

INFORMAZIONI NON SEMPRE CONOSCIUTE SULLA POLITICA DEL REGNO UNITO
di  Isla Patel

Il sistema politico del Regno Unito ha una sua atipicità non riscontrabile in nessun paese europeo. Esso è costituito da un insieme di parlamentarismomonarchia e democrazia. Il primo ministro è anche capo del governo. Il potere esecutivo è esercitato dal governo, quello legislativo sia dal governo che dalle due camere del Parlamento, la House of Lords e la House of Commons. Quello giudiziario è indipendente da esecutivo e legislativo.
Il sistema di governo del Regno Unito, denominato Sistema Westminster, è stato adottato anche da altri paesi, come Canada, India, Australia, Nuova Zelanda, Syngapore, Malaysia e Giamaica, motivato ed ereditato dal tempo in cui facevano parte dell'Impero britannico.
Alcuni poteri legislativi ed amministrativi dalla fine degli anni ’90 sono stati devoluti alla Scozia, al Galles e all'Irlanda del Nord, ridimensionando il ruolo del Parlamento di Londra.



La regina Elisabetta II
Oggi il Sovrano ha un ruolo limitato,continua però ad esercitare tre diritti essenziali: il diritto ad essere consultato, il diritto di consigliare e il diritto di mettere in guardia. I veri poteri della posizione del Monarca nella Costituzione Britannica non devono essere sottovalutati. Il monarca ha molti poteri, da usare però con discrezione. Ricopre il ruolo necessario di capo di Stato e, nel caso dell'approvazione di una legge minacciante la libertà e la sicurezza dei cittadini britannici, il Monarca può negare il suo assenso, libero dalle correnti politiche dei partiti. Il monarca non è rimovibile in quanto egli è comandante in capo delle forze armate che giurano fedeltà a lui e soltanto a lui.
Informazioni che riteniamo utili per comprendere l’atipicità del sistema politico britannico, che riteniamo abbiano un suo peso nei rapporti con gli altri stati europei col conseguente problema “brexit” in essere.
Isla Patel






domenica 11 agosto 2019

Contributo sull'arte del ns iscritto di Napoli Bruno Pappalardo ...



IL GENIO ITALIANO

di Bruno Pappalardo – 11.08.2019

 



Umberto Boccioni studia un corpo nudo che cammina, …corre.
Potremmo anche dire che corre nella realtà moderna. Ne fa una statua e, in quanto tale esprime l’immobilità, concetto scontatamente “classico”.
Avevano provato sia il Bernini con “Apollo e Dafne”, ovvero l’azione che si compie, l’attimo dell’evento in cui si generano nuove forme e tutto si deforme, che la plastica di Auguste Rodin col suo “ Uomo che cammina” dove le intersezioni dei muscoli sotto la pelle e in superficie si muovono sotto la luce.
Neppure la scomposizione ritmica di “ Nu descendant un escalier” ( uomo che scende le scale ) di Marcel Duchamp, può essere paragonata perché la forma è una e non può essere frammentata.
No! Boccioni non vuole suggerire un movimento che sta avvenendo, il gesto anche repentino o violento, ma realizzare una statua, una vera e propria statua,…simulacro della dinamicità del suo tempo o quello che essi indicavano, come il dover “essere”, come progetto futuro, … quello che l’uomo era destinato a formare.

Voleva realizzare un MONUMENTO all’ ” UOMO VELOCE” (Forme uniche nella continuità dello spazio, 1913)
La velocità e costante e incessante, come la fissità dell’attività cosmica.
Nessuna simulazione di movimento, dunque, ma la forma permanente e assuefatta.
Una apodittica rappresentazione di un corpo che sotto gli effetti dell’azione tumultuosa della dinamicità, della rapidità, della velocità si de-forma e, forse senza neppure saperlo inventa l’aerodinamicità, un concetto, che sarà tanto utile alla modernità.
Sintetizza l’anatomia del corpo che si sfoglia e sguscia nello spazio. L’anca è uno snodo arroncigliato di ossa e muscoli e i pettorali, le gambe, i polpacci, sotto la pressione delle correnti del vento, sfaldano trasformandosi in alette come un nuovo Mercurio. Il resto si sdoppia nelle forme che sembrano mostrare più lati del corpo fissati nella retina.  

L’Arte , in fondo, non riesce a separarsi al concorso di formazione della società. E’ sempre stata espressione dell’ideologia del sistema culturale come quello della politica, dell’economia e della scienza, soprattutto negli ultimi tre secoli. Boccioni dei primordi dell’anteguerra e del fascismo.
La storia degli artisti e quella delle loro arti, ha compartecipato sinergicamente a rappresentato la società in tutti i suoi aspetti, - siano state rivoluzioni sanguinose o silenziose o conquiste tecnologiche e scientifiche sulla natura oppure la sconfitta dei morbi che affliggono l’uomo comune

L’ARTE è, dunque, LA FORMA DELLA SOCIETÀ.

Boccioni, come Balla, Carrà, Depero, Sant’Elia e altri, aderisce al Manifesto Letterario di F.T. Marinetti del 1909 e poi, solo un anno dopo, a quello della pittura,...
Come tutte le “ rivoluzioni”, come tutte le avanguardie, ogni parte di se, si rivolge ad un estremismo polemico. Quello che in realtà si chiede è un aumento della produzione. In effetti il lavoro, lavoro per tutti per il benessere collettivo. Allora la rivoluzione ( ovviamente non tutte però hanno in comune delle caratteristiche) diventa “industriale” . E’ sempre, o spessissimo, una spinta verso la borghesia merciaia e imprenditoriale.

La BORGHESIA ci ha campato sulle “RIVOLUZIONI”.

Anche il Futurismo parlava del “Genio Primario Italiano” .

Si diceva, infatti, vicino alle masse ma non si interessava degli operai, si dichiarava europeista ma nel senso di unificare tutti i paesi che la pensavano come loro e identificando negli intellettuali, l’aristocrazia del futuro. Insomma certi aspetti si ripropongono e spesso, nella riproposizione si generano danni maggiori della prima.

La vera rivoluzione, la vera avanguardia è quella realmente legata ai luoghi di produzione, alla sanità e istruzione negata ma uguale per tutti, salvando i diritti e il reddito da lavoro. Ogni vera rivoluzione è quella che ha sempre salvato i principi morali indicati dalla comunità umana; non l’europeismo, no l’internazionalismo ma solo l’universalità del Bene.


Bruno Pappalardo

mercoledì 7 agosto 2019

Sulla proposta in Italia del "Regionalismo differenziato"....

Contributo su una discussa proposta di legge del nostro nuovo iscritto Natale Cuccurese, napoletano residente in Emilia Romagna, nonchè Presidente del Partito del Sud - Meridionalisti Progressisti :


REGIONALISMO DIFFERENZIATO: SON TUTTI “VIRTUOSI” COI SOLDI DEGLI ALTRI


di Natale Cuccurese



Il Regionalismo differenziato si sta dimostrando, man mano che si svelano le carte, sempre più come un progetto iniquo, egoistico e neoliberista, che divide l'Italia e penalizza principalmente il Sud, ma che, aprendo ovunque alle privatizzazioni, a partire da temi fondamentali quali scuola e salute, va a colpire anche il Nord, nelle fasce meno tutelate della popolazione, come lavoratori, studenti e pensionati.

Oggi è legittimo domandarsi se potremo ancora considerarci un’unica nazione qualora il governo Conte approvasse l’autonomia legislativa e fiscale della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia Romagna ed eventualmente, delle altre regioni che la richiederanno.  La nostra è una costruzione nazionale e sociale delicata, molto complicata, fatta di culture e storie condivise. E’ il frutto di un vincolo di cittadinanza, motivato da memorie e sentimenti comuni, un patto di lealtà e solidarietà nazionale, del sentirsi uguali pur vivendo in zone diversamente sviluppate. Ebbene questo vincolo potrebbe rompersi dinanzi alla concessione dell’autonomia regionale.

Dieci anni fa dissero di voler fissare i livelli essenziali di prestazione (Lep) e i fabbisogni standard perché non vi fossero cittadini di serie A e cittadini di serie B. Dopo dieci anni questi parametri, per volontà politica, ancora non solo non ci sono, ma addirittura la Lega, che ora si spaccia per partito nazionale, porta avanti una inedita forma di “nazionalismo secessionista”, come lo definisce Isaia Sales, unico caso al mondo, che si estrinseca mediante un razzismo che oltre che etnico è anche territoriale. Cos’è se non “razzismo territoriale” ritenere che alcuni italiani, se abitanti di alcune particolari regioni, valgono di meno di altri italiani? La cosa agghiacciante è che, in questo delirante scenario secessionista, la Lega trova sponde in parte del Pd, come nel caso dell’Emilia-Romagna, dove il Presidente Bonaccini si è posto all’inseguimento della Lega e, come detto recentemente da Luciano Canfora in una intervista sul Manifesto, “Anche questo disgusta. Ma come può il Pd pensare di recuperare nel centro-sud con una proposta simile a quella di Zaia “. Il tutto assume una veste patetica, visto che già si può prevedere con ragionevole certezza, in vista delle elezioni Regionali, la chiamata all’unione delle forze progressiste per un fronte comune, che esprima un “voto utile”, in nome dell’antifascismo e del contrasto a quella stessa Lega di cui si clonano le richieste...

Il cittadino che non risiede in aree ricche si appresta così a ricevere meno servizi e avere meno opportunità, così che i gap dei servizi, nella scuola, sanità, asili, risorse di sostegno all’apparato produttivo e alle infrastrutture, diventerà “legittimo e codificato per legge”. Non saranno più considerati un esito  involontario di una particolare storia nazionale, e perciò da superare, ma un privilegio etnico-territoriale, immodificabile, dovuto a una sorta di superiorità di stampo, se non razziale, almeno misticista-protestante.

Tutte fandonie, ovviamente, anche alla luce che del fatto che l'intera spesa pubblica pro capite al Sud è 13.394 Euro, mentre al Nord è di 17.065 Euro (media 2014-2016). Cioè sono ben 61 miliardi, quelli che il Nord riceve in più grazie al trucco della spesa storica: in altre parole son tutti “virtuosi” con i soldi degli altri.

Con il regionalismo differenziato il divario non potrà che aggravarsi: infatti, con la proposta del Veneto di trattenere il 90% dei tributi nei territori, mancheranno al bilancio dello Stato 190 miliardi su 751. Una visione oltremodo miope quella del Nord, visto che il mercato meridionale vale il triplo delle esportazioni del nord nei paesi UE.

Ai tagli ai servizi pubblici, alle privatizzazioni, alla mancanza di lavoro, alla precarizzazione dello stesso e al contenimento dei salari, ispirati anche dalle politiche neoliberiste di Bruxelles, si aggiungerà questo “ Regionalismo” come detonatore del malcontento di una gran parte del Paese, preparando così un periodo di tensioni e scontri sociali come mai prima d’ora nella storia repubblicana. La nazione diverrebbe matrigna per alcuni cittadini e per alcune aree che hanno la colpa di essere cresciute meno di altre. Si finirebbe per punire il luogo in cui si è nati creando le condizioni per la protesta prima, il disordine poi, con conseguente possibile balcanizzazione finale del Paese.

La “secessione dei ricchi” impone a tutti noi l’impegno a non abbandonare la lotta per portare al centro dell’agenda politica i temi della questione meridionale, da un punto di vista gramsciano, come da sempre affermiamo noi del Partito del Sud.

L’Italia può ripartire solo con un progetto di Governo che si esalti nell’annullare le differenze, non nell’aumentarle, soprattutto alla luce del Rapporto Svimez 2019 che presenta scenari apocalittici per il Sud. Il fascio pentaleghista, il governo più a destra della storia repubblicana, ha spostato l’attenzione del Paese, anche con la vergognosa approvazione del decreto sicurezza bis, su di una emergenza migranti che, stando alle cifre, non esiste, mentre il Sud si svuota.
In 15 anni oltre 2 milioni di persone sono emigrate dal Mezzogiorno, il cui Pil nel 2019 scenderà sotto zero.
Il futuro del Meridione non è mai stato a rischio come adesso.


Natale Cuccurese

sabato 3 agosto 2019

Riflessioni sull'ultimo libro di Mèny da Jacques Dubois


Il nostro referente francese Jacques Dubois ci invia un suo articolo sul filosofo Yves Mèny e il suo ultimo libro “Popolo ma non troppo” ..da comprare subito!




31/07/2019

di Jacques Dubois

Nel libro di Yves Meny emergono analisi sulle democrazie occidentali danneggiate dall’eccesso di neoliberismo. I populismi fanno sì che si attraversi una fase cruciale in Occidente, causa un liberalismo che ha dato modo di riconoscere i diritti individuali ma si è andati troppo oltre. Il tutto a scapito dei legami tra i singoli, dei partiti e delle famiglie, causa anche le nuove tecnologie, minando lo spirito dello Stato e del governo, sempre meno rappresentativo del popolo e degli elettori.
Va quindi corretto l’eccesso di liberalismo e sarà compito di una vera Unione Europea superare le attuali crisi democratiche, La democrazia vera non ha alternative credibili che di certo non sono l’anarchia o i regimi autoritari. Le risposte non sono di sicuro i regimi di Putin, Trump o dell’italiano Salvini. I Podemos o i Syriza non devono perdere smalto. La democrazia sopravviverà…essendo un libro aperto a cui mancano ancora pagine da scrivere!

Jacques Dubois

giovedì 1 agosto 2019

Info su evento a Capri segnalato da Andrea Balìa




COMUNICATO STAMPA

Mercoledì 31 luglio al Cinema Internazionale
con il film di Finazzer Flory con Rai Cinema premiato a Las Vegas si è conclusa la rassegna teatrale cinematografica "Capri omaggio a Leonardo" curata da Massimiliano Finazzer Flory e Patrocinata dal Comune di Capri



Capri 30 luglio 2019.


 Presso il Cinema Internazionale di Capri mercoledì 31 luglio ore 21.30 ad ingresso libero proiezione alla presenza di Massimiliano Finazzer Flory regista e interprete del film “Essere Leonardo da Vinci. Un’intervista impossibile” pluripremiato negli Stati Uniti.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=-sQQrKCHqsk
Un film unico nel suo genere dedicato a Leonardo da Vinci in occasione dei 500 anni della scomparsa del genio universale dove set e opere d’arte sono tutti autentici dalla casa natale di Leonardo a Vinci fino allo Château Royal d'Amboise e la dimora dove Leonardo è scomparso a Clos-Lucé e ancora a Vigevano le Scuderie, le Sotterranee, la Strada coperta, il Castello. A Milano: San Sepolcro, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, gli “Orti di Leonardo”, la Sacrestia del Bramante, il Castello Sforzesco, la Sala delle Asse, l’Archivio di Stato dove è stato girato l’unico l’autografo di Leonardo esistente al mondo. Infine alle cascate dell´Acquafraggia studiate dal genio. E naturalmente Firenze con la Basilica di Santa Maria Novella e l’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella per mettere in scena il Leonardo botanico. Nel cast oltre a Finazzer Flory, Gianni Quillico, Jacopo Rampini, Michela Lucenti, Silvia Carusillo e Julia Kent.
Girato tra Stati Uniti, Francia e Italia l’incredibile make-up del volto di Finazzer e una recitazione coreografica che incarna il corpo di Leonardo ci restituisce non solo la sua storia ma anche in termini registici e di questo forse uno dei valori più importanti dell’opera l’influenza di Leonardo anche nella nostra estetica cinematografica.
Un'icona universale, 500 anni dopo la sua morte. Un film che tiene insieme l'originalità linguistica attraverso il linguaggio del Rinascimento e la qualità tecnologica del nostro tempo.

Andrea Balìa