Autonomia differenziata, è Bonaccini il miglior
alleato della Lega
Mentre la
Repubblica in pochi giorni torna a dar fiato alla Lega Nord, quella
della prima ora, con una intervista a Bossi e poi con una a Speroni, che parla
ancora di “questione settentrionale”, mi chiedo cosa abbiamo fatto di male per
sorbirci vent’anni dopo, come in un romanzo di Dumas, il probabile ritorno al
racconto favolistico della Lega antifascista “costola della sinistra”, frutto di
una stagione che vede il Pd pronto a far da sponda alla richiesta di autonomia
differenziata presentate dalle regioni leghiste, così come da Bonaccini in
Emilia Romagna. Un grande errore politico, perché questa richiesta ha nei fatti
legittimato la richiesta di secessione della Padania da sempre al primo punto
dello statuto della Lega. La ciliegina sulla torta di una serie di errori
storici che annichilendo storia e memoria dell’Emilia Romagna, e della
sinistra, dimostra, come più volte affermato in campagna elettorale, che
Bonaccini e Borgonzoni rappresentavano semplicemente due facce della stessa
medaglia neoliberista.
Ora contrabbandare l’aver fermato la
Lega alle recenti regionali in Emilia Romagna come una grande vittoria della
sinistra fa francamente sorridere. Non a caso Bonaccini non appena eletto ha
riaffermato, lanciando quasi un diktat al governo, la volontà di proseguire
sulla strada tracciata della richiesta di Autonomia differenziata,
confermandosi ancora una volta come il miglior alleato di Fontana e Zaia.
Questa “sinistra” che di coraggioso non ha nulla, si dimostra così sempre più
succube dell’egemonia culturale della destra italiana, come nel caso della
mozione del Parlamento europeo che ha equiparato fascismo e comunismo, non a
caso votata dagli europarlamentari del Pd e dalle destre unite, avendone
introiettato oltre al neoliberismo rampante anche le più spudorate richieste
leghiste che sanno, oltre che di egoismo, anche di un razzismo strisciante,
evidente in alcuni slogan della campagna elettorale usati da parte di tutti e
due contendenti.
Sono tre le affermazioni ripetute come
un mantra da Bonaccini in campagna elettorale per mostrare l’indimostrabile, e
cioè come sarebbe temperata e bonaria, a differenza di quella delle regioni
leghiste, la sua richiesta di Autonomia differenziata. Vediamo a futura
memoria, come i suoi argomenti, sulla base dei testi ad oggi conosciuti e
limitandosi alla sola scuola, siano nei fatti simili a quelli leghisti:
Bonaccini: Non chiediamo più soldi e non intendiamo portarne via ad
altri. Peccato che l’art. 5 cioè quello delle risorse finanziarie sia uguale per
tutte e tre le regioni “secessioniste”, ed afferma che deve essere garantita la
spesa “fissa e ricorrente”. Se la spesa deve essere ricorrente e ad esempio per
qualsivoglia motivo vi sono minori introiti da parte dello Stato (meno tasse
riscosse, crisi economica ecc) e quindi se i soldi da distribuire diventano
meno, per garantire queste risorse in maniera “fissa e ricorrente”, così come
richiesto in questi accordi che hanno durata minima decennale, diventa evidente
che i soldi andranno tolti a qualcun altro, ed è facile immaginare da quali
altre regioni sarebbero tolti. Le solite, cioè quelle del Sud. Già ampiamente
depredate, visto che il Centro-Nord dell’Italia ha sottratto al Sud una fetta
di spesa pubblica, a cui avrebbe avuto diritto in percentuale alle popolazione,
di circa 840 miliardi di euro, pari a circa 46,7 miliardi di euro l’anno, come
emerso la scorsa settimana dal rapporto Italia 2020
dell’Eurispes, che ha fatto i calcoli relativi al periodo 2000-2017.
Bonaccini ha sempre sostenuto che prima dell’autonomia è necessario
definire i Lep Giusto. Peccato però che sulla richiesta ci sia scritto che «qualora non
siano stati adottati i fabbisogni standard le regioni (“secessioniste”)
dovranno ricevere almeno il valore medio procapite» rapportato ai cittadini
residenti . Nella scuola questo è ingiusto perché il calcolo andrebbe fatto sul
solo numero degli studenti e non su quello del totale dei cittadini. È un gioco
delle tre carte, perché in questo modo l’Emilia Romagna riceve 105 euro a testa
in più, la Lombardia 187 euro e il Veneto 75 euro . Complessivamente le tre
Regioni prenderebbero quasi 3 miliardi in più, cioè un aumento del 17%. Se
invece si applicasse, come giusto, il pro capite per studente le tre Regioni
non otterrebbero alcun guadagno e resterebbero in media con le altre.
Addirittura con la Legge quadro di Boccia il guadagno ( la rapina) potrebbe
essere maggiore perché si tornerebbe alla spesa storica sulla base della quale
a Reggio Calabria ci sono 3 asili e a Reggio Emilia 63.
Bonaccini per la scuola dice che vuole solo l’istruzione professionale
Nell’art. 27 si dice che si richiede il “secondo ciclo”, il che sembra
intendere l’istruzione di secondo grado, cioè non solo quindi l’istruzione
professionale esclusi solo i licei. Nell’Art 28 si richiede l’organizzazione
della rete scolastica, programmazione dell’offerta d’istruzione definendo la
relativa dotazione dell’organico adottato d’intesa con l’ufficio scolastico
regionale, cioè assumere (come precari perché anno per anno) insegnanti in più
di quelli assegnati dal Miur, finendo così con l’avere, per la stessa mansione,
due contratti diversi e due datori di lavoro diversi. La Regione avrebbe così
un controllo diretto sugli insegnanti per realizzare l’integrazione
dell’organico, Art. 29 la competenza legislativa del sistema regionale
integrato e all’Art. 30 definire la formazione delle fondazioni e le competenze
legislative in ordine all’edilizia scolastica. E meno male che la richiesta
riguardava la sola istruzione professionale…
Inoltre nell’art. 2 si dice che la
Regione Emilia Romagna chiede materie fra cui Norme generali sull’Istruzione, quindi anche sulle relative competenze
legislative sull’istruzione. Questo può diventare un utile cavallo di Troia per
l’inserimento di tutto e di più dopo l’approvazione, magari facendo fare da
battistrada alle regioni leghiste per le richieste più estreme, stando un passo
indietro per apparire più equilibrati e meno pretenziosi, così come già fatto
in passato con le sollecitazioni ai governi Conte 1 e 2.
La cosa poi veramente risibile di questa
vicenda è stato il racconto pressante fatto da politici e media in Emilia
Romagna sulla necessità di un voto utile al fine di formare un fronte
progressista antifascista per fermare la Lega. Peccato che subito dopo le
elezioni Bonaccini abbia reiterato la richiesta di Autonomia differenziata,
cioè di politiche egoistiche, simili a quelle leghiste, solo meno becere nel racconto. Contemporaneamente,
in vista delle prossime elezioni regionali pugliesi, Renzi e la ministra
Bellanova han dichiarato di non volere sostenere l’attuale Presidente, Michele
Emiliano, rischiando così seriamente di favorire il centro destra e i leghisti
in quella regione. In altre parole quanto sostenuto in Emilia, sulla necessità
di un coeso ed esteso fronte per bloccare le destre rampanti, è stato smentito
pochi giorni dopo per le elezioni per la Puglia. O forse l’Emilia Romagna vale
meno della Puglia nella mente di questo genere di politici progressisti
riformisti.
In tutta questa melassa per stomaci
forti vengono alla mente le parole di Antonio Gramsci nei Quaderni dal carcere: «La formula del male minore, del meno peggio, non è
altro dunque che la forma che assume il processo di adattamento a un movimento
storicamente regressivo, movimento di cui una forza audacemente efficiente
guida lo svolgimento, mentre le forze antagonistiche (o meglio i capi di
esse) sono decise a capitolare progressivamente, a piccole tappe e non di un
solo colpo (ciò che avrebbe ben altro significato, per l’effetto psicologico
condensato, e potrebbe far nascere una forza concorrente attiva a quella che
passivamente si adatta alla «fatalità», o rafforzarla se già esiste)».
Natale Cuccurese è presidente e segretario nazionale del Partito del
Sud-meridionalisti progressisti
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